Come rinnovare la cucina senza sostituirla

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Per rinnovare la cucina radicalmente non occorre cambiarla: una nuova smaltatura delle superfici o la sostituzione delle antine dei mobili, qualche punto luce nei punti strategici e il cambio di pochi pezzi risolvono già tutto

Quando viene voglia di cambiare, bisogna proprio darle ascolto, altrimenti le cose vecchie finiscono per rendere stantii anche noi. Il problema è (o sembrerebbe essere) che per modificare l’ambiente di casa crediamo di dover affrontare chissà quali fatiche da Ercole e spendere fior di quattrini. Invece non è affatto così, perché per una trasformazione radicale bastano cambiamenti superficiali. E i più incisivi sono quelli che riguardano i colori.

Rinnovare la cucina in economia

Un pennello, un piccolo rullo, un po’ di carta o tela abrasiva, un cacciavite e uno o due barattoli di smalto: per rifinire le superfici dei mobili della cucina con una nuova tinta non serve quasi altro, a parte naturalmente qualche ora di tempo e un po’ di voglia di fare.
In linea di massima, è possibile smaltare (o rismaltare) qualunque materiale d’arredo, anche se i laminati non si prestano molto per questo tipo di intervento, a meno che non si scelga un prodotto capace di aderire bene sulla loro superficie così poco porosa.
Gli smalti disponibili in commercio hanno tinte le più disparate e danno effetti superficiali molto diversi: si va dal lucido all’opaco, dal metallizzato riflettente al bucciato o martellato, dal coprente al neutro o al colorante che lascia trasparire il disegno sottostante.
Anche un arredo di vero legno può cambiare faccia e colore, senza per questo perdere la sua intrinseca bellezza: basta mordenzarlo con una tinta che ne faccia risaltare ancor più la venatura oppure colorarlo con un prodotto non coprente. Per esempio, per innaturale che sembri, un azzurrino tenue su una vena dal disegno interessante può rallegrare molto l’ambiente e renderlo nettamente più luminoso.
Secondo i casi, si può scegliere di rismaltare tutte le superfici, compresi quindi i fianchi dei mobiletti, oppure le sole antine. E qualunque sia la soluzione adottata, è possibile limitarsi a un’unica tinta, oppure giocare sui contrasti e gli accostamenti cromatici, differenziando l’intervento sui vari pezzi.
Per smaltare non è necessario avere a disposizione un vero e proprio laboratorio: con un paio di piccoli accorgimenti è possibile lavorare bene direttamente nel locale da rinnovare, senza impedirne l’utilizzo. Per evitare di riempire la casa di polvere quando si carteggia, basta adottare il sistema a umido. E per non ammorbare l’aria con puzzolenti e insalubri vapori di solventi, è sufficiente scegliere uno smalto di tipo acrilico. Tuttavia, questo riduce la possibilità di scelta in fatto di tinte e di finitura: per esempio non esistono prodotti all’acqua metallizzati.
La levigatura a umido richiede un materiale abrasivo resistente all’acqua, quindi non una carta vetrata, ma una tela, che è disponibile solo con grana piuttosto fine. Durante la lavorazione la tela va sciacquata ripetutamente, in modo da liberarla dalla crema formata da polvere abrasa e acqua che, come si suol dire, la impasta, coprendo i granelli abrasivi e rendendoli quindi inefficaci. Ciò che resta sulla superficie che si sta levigando si rimuove facilmente con una spugna.

Cambiare le antine

Questo tipo di intervento richiede senz’altro un esborso maggiore, ma non necessariamente molto più tempo.
Con i pannelli di MDF bilaminato e rifinito anche su due coste, per preparare nuove antine bastano poche operazioni, che non richiedono particolari abilità artigianali né una disponibilità di macchine sofisticate, sempre che, naturalmente, i pezzi da sostituire non siano stati costruiti su misura.
I corpi dei mobili per cucina hanno larghezze standard di 300, 400, 450, 500 e 600 mm e i pannelli Postforming (truciolare spesso 19 mm, con due coste stondate, rivestito con una lamina sintetica applicata industrialmente in un unica soluzione su ambo le facce e sulle due coste stondate) sono disponibili nelle stesse misure, decurtate ciascuna di 6 mm per lasciare il necessario gioco di raccordo tra i vari pezzi.
Quanto alla lunghezza, si può scegliere tra la misura da 2.040 e quella da 4.100 mm: per ridurre al minimo lo scarto conviene pianificare in anteprima la successione dei vari pezzi da tagliare, tenendo conto dei 3 mm mangiati dalla sega all’atto del taglio e della riduzione in lunghezza necessaria per lasciare spazio al listello di rifinitura.

Per trasformarsi in antine, i pannelli richiedono, oltre al taglio a misura, l’applicazione di una serie di elementi di finitura ovvero di articolazione e impugnatura. Le coste non protette dalla pellicola di laminato vanno rivestite con listelli, che possono essere di legno, di metallo o anche di materiale plastico. Elementi d’acciaio inox verniciato oppure cromato preparati proprio a questo scopo (e quindi disponibili con lunghezze uguali alle larghezze dei pannelli e con estremità arrotondate) si fissano con assoluta semplicità con l’apposito collante.
Quanto alle cerniere e alle maniglie, nulla impedisce di riutilizzare quelle delle ante vecchie, se sono ancora valide. Per fissarle nel punto giusto non occorre impiegare strumenti di misurazione, ma basta procedere in maniera empirica, usando i pezzi da sostituire come sagome, cioè appoggiandoli su quelli nuovi con i bordi perfettamente a filo (bloccandoceli sopra provvisoriamente con un morsetto) e attraversandoli con la punta prima di entrare nei nuovi. Le cerniere per pensili richiedono l’apertura di un foro circolare cieco di ampio diametro, che si prepara con l’apposita fresa, montata sul trapano a colonna. Per le maniglie bastano un paio di fori d’invito in cui inserire le viti.

Altri tipi di interventi

Se cambiare le ante o rismaltare quelle vecchie non ci soddisfa abbastanza, non è ancora il caso di cambiare tutto da zero e basta invece allargare l’area d’intervento. Per esempio possiamo sostituire anche il piano di lavoro ed eventualmente il lavello, rivestire la fetta di parete che resta libera tra i mobiletti bassi e i pensili, integrare l’impianto d’illuminazione.
Tutti interventi che non implicano una rivoluzione radicale, non mettono fuori uso il locale per un periodo prolungato, non costringono a grosse fatiche di trasporto, non richiedono esborsi notevoli né manodopera specializzata o abilità tecniche particolarmente sofisticate.
Forse, l’impegno maggiore necessario per rifare il look della cucina sta nella scelta della soluzione più adatta al caso nostro, che può implicare una lunga ricerca su cataloghi, ripetute visite ai centri commerciali e a diversi negozi specializzati e, a volte, anche impegnativi confronti con chi abita con noi, prima di riuscire a concordare una soluzione che vada bene a tutti.

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